lunedì 9 agosto 2010

L'apprendista stregone


Quando ero l’apprendista stregone
mescolavo fiocchi d’aria nella tazza,
preparavo le mie schiere alla tempesta
aggiungendo sale e pepe quanto basta.

Quando ero l’apprendista apprendevo
ad annusare musica ed ascoltare fiori,
avevo nascondigli e pomeriggi,
troppe pergamene, vasi e canzoni.

Misurando il mio tempo nelle stelle,
vincevo il record mondiale d’apnea.
Poi finalmente cominciava il giorno:
potevo addormentarmi nella stoppa.

domenica 18 aprile 2010

Dove l'Autrice parla di cose che non conosce, partendo da un film che ricorda a malapena e conclude così, buttando lì un beffardo interrogativo


Dogville non è un film che ho amato particolarmente. L'ho visto solo una volta, in dvd, saltandone dei pezzi perché lo trovavo insostenibile e ne conservo una cognizione e un ricordo assolutamente superficiali, quindi dirò una montagna di cazzate. Sopportatele.

L'unica cosa che ricordo molto bene è il finale. La vendetta, la nemesi, la catarsi e la consapevolezza che laddove non c'è più l'innocenza non può esistere il perdono. Nemmeno per i bambini, giacché anche loro sono macchiati della stessa colpa, la stessa crudeltà degli adulti. Ed è qui che io mi arrovello e continuo invano a cercare un perché. Ed è qui che "mi sovvien l'eterno/e le morte stagioni e la presente/e viva e'l suon di lei" e no, non ci naufrago, in questo mare, ma mi limito a galleggiare, bevendo ogni tanto. Poi mi ritrovo a pensare che noi facciamo di tutto per preservare i bambini e la loro innocenza, salvo poi gettarli nelle fauci del mondo, ad imparare tutto quanto innocente non è.

E penso ai bambini di quella scuola dove hanno allontanato dalla mensa quelli le cui famiglie non avevano pagato, e la scena che mi figuro dolcissima della condivisione. Poi penso che quei bambini che hanno diviso il loro pasto con quelli che non potevano permetterselo sono i figli di quei genitori che qualche giorno dopo hanno protestato contro il "misterioso" benefattore che ha saldato il debito e che magari, a casa, sono stati rimproverati per quel raptus di generosità. Quindi ho immaginato (ma la mia immaginazione, si sa, galoppa sfrenata e solo la paranoia sa tenerle dietro) quegli stessi bambini all'indomani, frustrati, delusi, amareggiati, prendersela con quelli che avevano aiutato solo il giorno prima. Non ricordo il nome della cittadina, in questo momento, ma se fosse in America sarebbe Dogville. Meno male che siamo in Italia, giusto?

Giusto?

martedì 13 aprile 2010

Quasi una fotografa





La prima volta che ho preso una macchina fotografica in mano avevo otto anni. La macchina era poco più di un giocattolo, ma faceva foto vere, seppure di forma quadrata. Aveva un flash, che si ruppe quasi subito, e una doppia esposizione che mi creava più dubbi che altro. Comunque era una macchina fotografica quasi vera, e, soprattutto, era mia. Da allora non ci fu gita, scampagnata o passeggiata sulle Mura che non venisse da me immortalata.

I primi rudimenti che mi furono insegnati, in famiglia, contribuirono a confondermi ancora di più le idee. Tenere ferma la macchina mi pareva impossibile. Appoggiarmela al petto per impedirle di muoversi mi aiutò un poco, e, beh… se non si dà troppa importanza a cosa si sta fotografando può essere quasi una soluzione. Anche sulla scelta dei soggetti non avevo le idee molto chiare, visto che mi ostinavo a riprendere muri, mari e alberi invece che persone. Che ricordi avrei mai potuto trattenere di quelle gite, se non fotografavo la gente?

Nei dodici anni che seguirono collezionai scatole su scatole di orribili scatti mossi, sovraesposti, nebulosi: quadrati di caos di cui mi piacerebbe dire che ho smesso di vergognarmi. Mi era ormai ovvio che stavo sbagliando qualcosa, ma cosa? la risposta mi sfuggiva (e ancora oggi, se mi capita di intravederla, cambia strada apposta).

Nel frattempo la scuola era finita, le gite anche, e la noia regnava sovrana. Di quegli anni ho pochissime fotografie, e, soprattutto, non mi divertivo più molto a farle, e ancor meno ne ero soddisfatta.

Fu grazie alla rete che decisi di passare al digitale, per condividere le immagini con i miei nuovi amici virtuali. Ma lo stesso non mi divertivo, e se mi divertivo, mi dimenticavo completamente di fare foto. Però quella macchinetta digitale acquistata d’impulso circa tre anni fa fu una specie di segno del destino. Pochi mesi dopo, una psicologa che mi seguiva mi consigliò, sapendo che mi piaceva scrivere e avevo quindi un lato “creativo”, di provare a entrare nel gruppo fotografico della Salute Mentale.

Alla mia prima uscita con il gruppo, non avevo la mia macchinetta. Avevo traslocato da poco ed era ancora impacchettata in qualche scatolone chissà dove. Me ne diedero una di quelle in dotazione alla Asl, tra le più semplici, insieme con qualche buon consiglio. Mi si spalancò un mondo. Un mondo fatto di colori, fiori, insetti, e tante altre minuzie che fino ad allora non avevo degnato di uno sguardo.

Inutile dire che, una volta a casa, mi precipitai a spacchettare ogni scatola che mi trovavo davanti, fino a che la mia macchinetta ricomparve.

Da allora ho scattato quasi senza soluzione di continuità per due anni almeno, e intanto imparavo qualche rudimento di fotoritocco, e a montare le immagini secondo le suggestioni che esse e i luoghi dove le avevo catturate mi ispiravano.

Da tutto questo ho imparato, se non ad essere una brava fotografa, che la vita ci porta per strane strade in strani luoghi, verso mete che mai ci saremmo immaginati.



venerdì 5 marzo 2010

These Fevered Days



These Fevered Days - to take them to the Forest
Where Waters cool around the mosses crawl -
And shade is all that devastates the stillness
Seems it sometimes this would be all -

(Emily Dickinson)

giovedì 4 marzo 2010

Dormire fa male, o il giorno dei nervi schiacciati

Stanotte non riuscivo ad accendere la luce. Poi mi sono accorta che stavo a letto, quindi non potevo arrivare a quell'interruttore. La sola spiegazione possibile era che stavo sognando. Allora mi sono girata verso l'interruttore giusto e ancora niente luce. E mi sono resa conto che stavo ancora sognando. E finalmente mi sono svegliata. E luce fu.

Non mi era mai successo prima, un risveglio multiplo. Pensavo fosse una di quelle cose che si mettono nei film per rappresentare il sogno, come i corridoi interminabili o le corse da fermi.

Forse sto ancora aspettando di svegliarmi veramente.

Provo a stropicciarmi gli occhi, ma riesco solo a conficcarmene uno sulla palpebra. Fa un male cane, e non riesco nemmeno a farci andare il collirio. Passo la prima parte della mattinata a farmi impacchi di camomilla fredda, poi via al lavoro, senza colazione, senza nemmeno essermi lavata i capelli. Mi sentivo una scimmia, e come tale ho fatto la mia pantomima da scimmietta ammaestrata. Oggi c'era una delegazione di psicologi foresti (inglesi e finlandesi) che venivano a vedere che bravi che siamo, anche se in mano non ci abbiamo ancora niente. E stasera, cena sociale.

(Però tu, dottoressa finlandese di cui non ricordo il nome, azzardati un'altra volta a mettermi la faccia così vicino e te parto de capoccia*. Pensavo che in Finlandia avessero un concetto assai più "largo" di spazio vitale...)

A casa ho provato a dormire di nuovo, e lo faccio su una mano sola. Letteralmente sulla mano, e mi frana il tunnel carpale. Che qualcuno o qualcosa stia tentando di dirmi che, forse, era una giornata no? Una di quelle giornate che faresti meglio a startene a letto, non fosse che a te anche dormire fa male.

Alla cena sociale nemmeno ho tentato di andarci. E comunque, non servivano banane, ne sono certa.



(foto dall'album flickr di _-=Dreemreeper=-_)

(* sì, à la romanaccia, perché?)

domenica 17 gennaio 2010

Il viaggio di una aspirina effervescente nell'esofago dell'Autrice, e quel che vi trovò

Stanotte ho fatto un sogno stranissimo, credo c'entrino quelle miserrime linee di febbre che avevo ieri, e anche il fatto che mi ostino a guardare film angoscianti quando sono nello stato d'animo per cui anche Topolino mi apparirebbe come un inquietante figuro i cui modi garbati nascondono tutte le nefandezze dell'universo.

Ad ogni modo e per fortuna, il povero roditore più ricco del mondo non c'entra un cavolo con il mio sogno.

Nel sogno c'era una casa, isolata in mezzo alla neve, con un cancello che non si chiudeva mai ammodo, e tutto intorno una luce strana, seppiata, da notte buia e non ancora tempestosa. Da brividi. La casa era tipo in Polonia, non so perché la Polonia, dato che non ci sono mai stata e so anche pochissimo di come sia fatta.

E, cosa importantissima, da quella casa era scomparsa una donna, rapita, forse da un mafioso o un demone.

Io stavo in una specie di gabinetto pubblico, nel cubicolo del cesso, solo ci stavo tipo distesa e telefonavo a una mia amica per dirle di raggiungermi in Polonia, in un aeroporto qualsiasi tranne quello di Varsavia (non chiedetemi il perché neanche di questo, io so solo che mi stavo scervellando, e in sogno! per ricordarmi i nomi di altre città polacche dove poteva atterrare questa persona) e poi chiedevo conferma all'aeroporto, ma mi dicevano che il volo era stato soppresso. Io insistevo: ma forse avrà preso un altro mezzo per lasciare l'aeroporto! e mi rispondevano: non ha capito. L'aeroporto è chiuso. Ed è chiusa anche la sua missione. (da quando in qua sarei diventata una specie di 007? e che ci faccio al cesso, comunque? e perché c'è anche la Pussa e vuole l'acqua?)

P.S. Se qualcuno ha notizie della mia amica o della donna scomparsa, chiami la redazione di "Chi l'ha visto?"

P.P.S. Se qualcuno è interessato al film (che è sempre meglio dei miei sogni e dei miei post deliranti) il titolo è "Bassa marea", di Fritz Lang (House by the river, 1950) DVD comprato in edicola mesi fa e che solo ora mi sono decisa a vedere.

Momento sbagliatissimo, ma film memorabile.


domenica 10 gennaio 2010

Imprese memorabili, tesori nascosti venuti alla luce e come (non) darsi una regolata

Domenica mattina per me è iniziata tra le 4 e le 5... ero anche andata a dormire presto, per i miei standard mezzanotte e mezzo è andare a letto con le galline (e chi pensa male dovrebbe solo vergognarsi... a me le galline fanno anche discretamente ribrezzo... tutte quelle piume, cacca dappertutto e quelle zampe così antiestetiche! Anche il brodo di pollo, lo trovo tremendamente sopravvalutato... merda, ho perso il filo un'altra volta!)

A mia difesa devo dire che quelle tre ore e mezzo barra quattro me le sono dormite tutte e quando mi sono svegliata ero lucida e pimpante... per quanto io possa essere qualcosa del genere a qualsiasi ora sia... e dovevo andare al bagno... e la gatta piangeva, reclamando la mia attenzione: come osa questa misera mortale essere sveglia e non tributarmi i dovuti omaggi!!! Ho fatto quello che andava fatto. Niente di più e niente di meno. Mi sono accomodata sul divano. Quello scomodo. Ho acceso la tv, pronta a sorbirmi qualunque assurdità i palinsesti mi avrebbero proposto a quell'ora.

E invece...


"Rosencrantz e Guildenstern sono morti" lo passano di rado in televisione, e quasi sempre a orari impossibili che solo chi soffre di insonnia riesce a beccarlo. Ed è un vero peccato, perché è un film delizioso, ironico, intelligente che riesce a giocare con tutti gli ingredienti di cui è composto: filosofia, scienza,arte, vita... anche la morte è un gioco, una "play", rappresentata infinite volte, spettacolo di burattini nella pantomima nella tragedia che si svolge, incompresa, davanti agli occhi dei protagonisti, che si aggirano nei corridoi di un castello labirintico, dove, per quanto si salga, si scenda, si svolti, si finisce sempre al punto di partenza.

Ok, non sono brava nelle recensioni. Ma stasera vado a letto presto. Davvero. E non mi alzo fino all'ora giusta. Giuro. Qualsiasi essa sia.

mercoledì 6 gennaio 2010

Faccia di coccio alle prese con l'ennesimo colpo di testa

dite che si farà male? o nemmeno se ne accorgerà?

magari la maschera pian piano si incrina, ma non posso garantire su quello che ne uscirà...

datemi il benvenuto, il bentornato, un ombrello, un colonnello bernacca espiatorio, qualche goccia di valeriana... a scrivere qualcosa di coerente ci provo dopo pranzo.

baci. a presto.



(la porta comunque è sempre aperta. tranne che per gli spammatori, gli insultatori, i ragni e i visigoti)